Le normative di riferimento e alcune importanti definizioni da cui partire a sviluppare i metodi di controllo.
L’argomento ‘preconfezionati’ si compone di diversi aspetti da considerare. Con l’articolo di oggi, andiamo a fare chiarezza su alcuni dei punti principali.
Innanzitutto, cos’è un preconfezionato?
Un preconfezionato è l’insieme del prodotto e dell’imballaggio che lo contiene, e per considerarsi tale, si compone di tre requisiti:
- Il contenuto è determinato (confezionato) in assenza dell’acquirente finale
- La produzione avviene con un valore nominale costante espresso in unità di massa o volume.
- La confezione deve essere tale che un’eventuale apertura risulti evidente.
Ci sono due norme a cui dobbiamo fare riferimento per il controllo dei preconfezionati. La scelta, a quale delle due adeguarsi, ricade sulle esigenze commerciali dell’azienda produttrice.
- Legge 25 ottobre 1978 n. 690 (“e” comunitaria): prevede che il contenuto sia determinato su una norma che è uguale in tutti i paesi dell’UE. Consente a chi compra e a chi vende di non doversi accertare che i controlli effettuati siano in “regola”. La conformità a questa norma avviene stampando sulla confezione a fianco del contenuto netto il simbolo “e”. Solo in Italia questo procedimento è fatto in autocertificazione dal produttore e sarà verificato dalla sorveglianza solo in seguito dell’immissione sul mercato.
- D.P.R 26 maggio 1980 n. 391: essendo una norma nazionale i criteri del controllo sono validi sul territorio dello Stato e potrebbero differire dagli altri paesi dell’UE. Questo comporta, in caso di esportazione, che l’importatore si accerti della conformità del contenuto in base alle norme degli altri Stati.
Entrambe danno indicazione sulle modalità ammesse per il controllo e i criteri di accettazione, ma attenzione in caso di controllo statistico il metodo descritto nell’allegato II non è utilizzabile dai produttori. Questo piano di campionamento è riservato agli organi di sorveglianza.
La marcatura "e" è obbligatoria?
No, questa marcatura è una scelta del produttore, l’inserimento della “e” indica che il lotto è stato prodotto in conformità alla direttiva 76/211/CEE, pertanto una spedizione ad un importatore in un altro stato dell’UE non richiede controlli metrologici prima della messa in commercio.
Come terzo step, analizziamo il lotto.
Il lotto, a cui le normative citate prima fanno riferimento, non è il lotto di produzione. C’è un “vizio” di traduzione (essendo che entrambe le norme derivano da una normativa comunitaria scritta in inglese) e nelle versioni italiane i due termini sono indicati indifferentemente.
- Il “lott” è il lotto di produzione
- Il “batch” è il lotto metrologico o il lotto a cui si riferisce il controllo
Può sembrare banale ma questa mancata distinzione può portare ad applicare i criteri dei controlli metrologici del produttore non sul “batch” ma sul “lott” e avere di conseguenza una gestione non corretta dei risultati. Va quindi pianificiato a monte come suddividere e rendere univoci i “lotti metrologici” per poter gestire senza ambiguità i controlli.
E infine andiamo a parlare di Responsabilità e sorveglianza.
La sorveglianza è affidata agli uffici metrici.
Invece, tutta la responsabilità riguardante il contenuto di un preconfezionato e il metodo con il quale è determinato ricade sul produttore/importatore. Non avere un sistema a norma può farti esporre a rischi “costosi”:
- ritiro di lotti dal mercato perchè ritenuti non idonei;
- fermo di produzione fino all’adeguamento del sistema di controllo;
- perdita di clienti importanti e strutturati che prima di intraprendere rapporti commerciali, verificano in che modo viene garantito il contenuto dei loro acquisti.
Analizzeremo nel prossimo articolo la differenza tra controllare e misurare un preconfezionato e come applicare un piano di campionamento rispettando le normative.
Sappiamo che è un argomemnto complicato e siamo quindi disponibili a chiarire ogni tuo eventuale dubbio o perplessità, ti basterà contattarci tramite mail o telefono.